Un idea che ho di Antonio Scotti maestro ed epicureista!
Alla morte di Pasolini Alberto Moravia ebbe a gridare tra rabbia e commozione che l’Italia perdeva un grande poeta, un uomo di infinita qualità e la sua perdita sarebbe stata nefasta per questa società, e col senno del poi mi sembra che tutto si sia avverato. Con la scomparsa di Antonio Scotti, magister vitae più che maestro mi viene a pensare, Ponza in questo periodo di alto oscurantismo perde uno degli ultimi padri del suo illuminismo morale politico e culturale. E penso che la storia sentirà a lungo la mancanza del maestro Scotti e di tutti quegli uomini come lui che di quest’isola ne fecero faro per i propri figli.
Ora non vedendo più quell’uomo, arrancare lento col suo bastone per il porto dove ammoniva e raccontava vecchie storie, sempre attuali, quelle storie che hanno fondato la nostra piccola comunità dal dopoguerra in poi, storie di grandi dignità, di cultura mediterranea, devo pensare che oltre a sentirmi più solo nella mia coscienza e nel mio stoico pensiero, sono sempre più preoccupato della inesorabile deriva che quest’ isola ha intrapreso. Chi ammonisce più? Chi fustigherà questi perversi costumi da Sodoma e Gomorra di pasoliana memoria.
Antonio Scotti da quella contrada degli Scotti su in alto al paese, terra di grandi vignaiuoli ed emigranti, gente di fatica, robusta nel fisico e nello spirito, era un socialista. Un grande e integerrimo socialista, di quelli che hanno fatto di una morale la loro strada e non conoscevano curve. Cresciuto alla scuola dei padri del socialismo confinati a Ponza, Nenni, Pertini ed altri, fu anche sindaco ma soprattutto un grandissimo maestro. Severo nella sua dignità ha trasmesso a noi tutti, gli ideali di un socialismo puro, della fratellanza, della bontà, della democrazia laica costruttrice di libertà. Si Antonio Scotti pur vivendo la sua sfera personale di spiritualità e intima religiosità era persona laica e nobile del pensiero socialista. Fustigatore di quel potere arrogante, fu irriverente al dominio del pensiero unico, mi piaceva ascoltarlo incazzato contro questo Stato che stava distruggendo il suo sociale e quella cultura, che con tanta fatica dal dopoguerra in poi, tra la povertà e il sogno, gli uomini della costituente avevano costruito. Gli dispiaceva di questa sua isola maltrattata, degradata, del mare che non ha più pesci, degli scogli su cui non crescono più le patelle, degli uomini che non l’amano e la proteggono più.
Figlio della terra che forgiava gli Ulisse amava fuggire al Fieno tra i suoi amici contadini, banchettare con loro, bere quel vino che amava, vivere il suo mondo di allegria e goderne le grandi qualità, l’amicizia, il sentirsi fratello di tutti. Si dedicava alla preparazione delle zuppe di pesce con la stessa devozione e ispirazione di un Picasso davanti ad una tela. Alla fine di quei simposi contadini era solito terminare, dopo aver mangiato bevuto e riso: amici questa è la vita che gli uomini devono fare. Era un amante della vita e delle sue gioie, anche alla fine dei suoi giorni chiedeva che gli dessero da mangiare i suoi piatti preferiti ma ormai il ferito corpo li rifiutava. In questi ultimi anni era onore e piacere per me, come devozione divina, portargli pomodori del Fieno, il suo amato vino, le patelle di cui era ghiotto e le perchie per le sue zuppe.
Qualche mese fa in primavera sono stato invitato a casa sua, abbiamo pranzato a lungo insieme, ci siamo raccontate storie e idee, gli dissi che l’avevo menzionato nel mio ultimo libro sulla storia dei contadini del Fieno, era emozionato ed entusiasta che si lasciasse ai posteri queste storie mediterranee. Come maestro ancora e sempre si entusiasmava nel trasmettere la sua sapienza e quella morale, i racconti del nostro mediterraneo. L’idea che mi rimane del maestro Scotti è che fosse un grande epicureista e in questo ci assomigliavamo tanto. Mi fu maestro anche in questo ed io me lo porto con me al Fieno e in giro per il mondo.