Perché
oggi son tornato
all’isola dove vissi
ho voluto essere povero
son tornato in silenzio
alla solitudine
al suo significato finale
all’invisibile
son venuto a rimescolare
le zolle con le zolle
il profumo della terra
la memoria con la memoria
a seminare
a pensare diversamente
fuori non ci sta che l’inferno 1
vivo questo luogo
di silenzio
sacro ed arcaico
qualche stanza
un fuoco
fotografie sbiadite sui muri
i gechi immobili sull’arido intonaco
l’essenza ancestrale
la necessità dell’Utopia
la conobbi
come un’iniziazione
Da bambino
volevo essere invisibile
scavavo nella terra
a nascondere i segreti
nel posto più sicuro del mondo
ora
la sera aspetto ancora
gli uccelli di passo
il susseguirsi delle stagioni
il loro ritorno
di qui passò la nave Argo
Giasone Medea e gli altri
io non c’ero ma li sento
leggo i greci
con le cicale
e il vento
che muove le foglie del fico
fa volare il falco
di notte
qualcuno mi veglia
è il vastissimo silenzio
dove la memoria risiede
allora scrivo versi
pensieri a me stesso
siamo soli io e le parole
qui non ci sono uomini
non ci sono case
non c’è un paese
ma solo distanze
e rotte da capire
di ogni luogo
e ogni era
ne ho fatto un porto
una previsione
il fato
qui il tempo
sta alla fine del mondo
e ogni cosa resta un miracolo
l’inverno
mare e poi mare
vento e solo vento
le burrasche da sud
mischiano onde e cielo
il mondo vuole finire
la terra precipita
e sento battere le campane
dalle scogliere tutto il giorno
una foschia salina
si poggia su ogni cosa
e ci rende salati
il sale conserva le cose
è salata l’aria che respiro
i panni si asciugano
come bandiere al vento
a volte il vento fa miracoli
come quello che riportò
Ulisse a Itaca
io non ho bandiere
non ho messo confini
non ho vangeli né salmi
e dal tempio
ho cacciato i mercanti
ho il vento in faccia
la vita è primitiva
la parola è primitiva
insubordinata
per resistere
è importante resistere
perché fuori è un inferno
intorno casa
è un cimitero di cani
li chiamo anche dopo la morte
la vita di tutti i giorni
qui sta nelle azioni
di chi scrive versi
nella fatica
nella cura della terra
nella cura di una barca
di un naufragio mai finito
la vita l’ho scavata nella pietra
libero
tra isole e città di mare
gli altri di me
li porto addosso
a vivere di me stesso
a confonderci
a volte impreco malamente
qualche dio
sulle assenze
e le promesse sospese
lavoro con le mani
che la terra consuma
e mi consuma Eros
mi consuma il tempo indefinito
mi consuma il vuoto
mi consumano le illusioni
qui non rimane che amare
conta l’amore che hai dato 2
poi tornano le tenebre
ogni giorno
mentre fuori
resta tutto un inferno
1 da Italo Calvino
2 da Alfred de Vigny