A voi la mia gratitudine.
Nell’assistere alla bella rappresentazione teatrale della Nuova compagnia del teatro ponzese, su un opera di Eduardo De Filippo, la prima impressione che ho avuto, immediata e terribile, è stato il ritorno a un Mito dell’antica Grecia, culla della nostra civiltà.
Ho sentito, come un fulmine penetrante la presenza dello spirito Elpis. Elpis nel Mito greco è la personificazione della speranza. Elpis è il nome che i greci davano alla speranza che deve salvare l’uomo. Ne parlava Esiodo nella sua opera Le opere e i giorni. Si, la speranza. Questo nobile sentimento. Così importante nel divenire dell’uomo e della sua coscienza cognitiva.
Questi ragazzi del Nuovo teatro ponzese, come già in altre occasioni negli anni precedenti, ci riempiono di emozioni e tengono accesa nel nostro spirito comunitario isolano, già martoriato da anni di incuria su ogni fronte, una speranza. La speranza di un qualcosa di migliore, di bello, un futuro su cui credere. Il linguaggio dell’opera eduardiana riporta Ponza alla sua lingua originale, alla sua identità primitiva, a quella identità campana. E questo ci deve gratificare molto, oggi che il gergo dominante è lo scimmiottamento di quel romanesco importato dal peggior turismo.
Ponza deve utilizzare la sua lingua originale, se vuole conservare la sua identità.
E per questo anche che il teatro ha una sua massima funzione. Non posso non pensare riguardo alla speranza, a quella bellissima poesia L’invincibile estate di Albert Camus, dove è la speranza a poter salvare l’uomo dall’odio facendo trionfare l’amore. La speranza come inno alla vita, alla conoscenza, all’amore. Avrà questa comunità ponzese la speranza di salvarsi dalla frantumazione di questo sistema, da questa barbaria dilagante, mi chiedo.
Questi bravi ragazzi esaltano la grandezza di De Filippo nell’oscurità attuale di questi anni, dando una speranza all’isola, ai suoi abitanti, facendosi loro stessi portatori di questo sublime sentimento. Sin dall’antichità il teatro è stato scuola importantissima in qualsiasi civiltà. Pensiamo alla Grecia antica, dove andare a teatro era la più grande forma di educazione e d’istruzione. Andare a teatro nell’antica Grecia era come un rito religioso, un sistema educativo aperto a tutti i cittadini senza differenza di classe, tanto che era lo Stato a pagare il biglietto.
Ponza ha bisogno più che mai di un teatro che educhi, che faccia riflettere e avvicini le persone alla loro identità che lentamente si sta perdendo. Il mio augurio è che questi bravi ragazzi-adulti in futuro possano affrontare anche altri autori teatrali, affinché tutti ci possiamo riconoscere in una cultura e un’identità mediterranea, che mette l’uomo e il suo destino al centro di tutti gli interessi. L’opera e l’impegno teatrale del Nuovo teatro ponzese è degno di andare avanti e di conservarsi nella sua opera educatrice e conoscitiva.
Ponza deve essere fiera di questa sua piccola gloria, ma grande nell’impegno e nel pensiero.
A voi del nuovo teatro ponzese la mia gratitudine.
Antonio De Luca