Oggi sono molto triste veramente. Mi ha telefonato Adriana, ha detto che è morto Predrag Matvejevic. Sto di merda e non so cosa fare. Starei a Ponza me ne andrei al Fieno a bestemmiare e consacrare. Oggi sto qui nella Napoli mediterranea, che Predrag amava e qui era stato uno degli ideatori della Fondazione Mediterranea. Me ne andrò a sfogare le mie lacrime per i vicoli della città, ad ascoltare le voci delle donne e dei bambini, a sentire l’odore del soffritto di cipolla, della pasta e patate, a vedere le vetrine col pane. Quel pane che Predrag aveva raccontato, quel pane che unisce tutti i popoli.
Non so che pensare e nello stesso tempo tutto mi cade addosso. Se non l’avessi conosciuto 20 anni fa, se lui non avesse letto i miei segreti di allora, non so dove starei adesso e cosa farei. Se lui non mi avesse buttato, con la sua dolcezza, a riprendere IL VIAGGIO su questa barca, dove sarei approdato. Se non mi avesse rifatto studiare ancora Albert Camus, se non mi avesse mandato a Marsiglia sulle orme del suo amico Jean Claude Izzo, se non mi avesse rimandato a Istanbul, a Beirut, a Barcellona, a Tangeri, a sentire l’odore del pane mediterraneo, a leggere i poeti di quella terra, starei forse in qualche manicomio penale. Forse non avrei continuato a scrivere poesie e storie mediterranee, e i miei segreti sarebbero morti con me. Forse non avrei amato con la grandezza dell’oceano i popoli mediterranei e qualche donna incontrata per queste rive. Se Predrag non mi avesse detto di scrivere dell’amore, non avrei mai pianto di disperazione per un amore perso o ritrovato. Ed ora sono felice che tutto questo è accaduto. Predrag è il mio padre culturale di questi 20 anni. Nella mia vigna costruirò un monumento a ricordarlo, così lui starà a guardare il mare e a ricordarci la dimensione che siamo.
Quando lesse Vinea Loquens, amò i nostri contadini del Fieno a Ponza. Volle che gli facessi la dedica, io che non mi sentivo neanche di portargli la borsa o di guardarlo negli occhi. Mi chiamava poeta, e amava molto il mio linguaggio nella poesia. Lui il mio amico, il mio maestro, il mio mentore, mi ha scritto cartoline dalla sua amata Mostar e lettere che ora mi dilaniano, mi squarciano, mi disperano in questa grave perdita, anche se era nell’aria. Ora sto di merda, non vedo l’ora di ritornare a Ponza e andarmene al Fieno, nella casa selvaggia. Quando scrisse la prefazione di Adespota volle a lungo parlare con me, mi chiamava l’Argonauta.
Basta così. Oggi un grandissimo non c’è più. E noi tutti, tutto il popolo mediterraneo è più solo. Ora me ne vado tra i vicoli di Napoli, dove ascolterò il nostro Mediterraneo. Io e Predrag, staremo insieme ancora. Me lo porto con me, il maestro per le rive mediterranee. Sarebbe stato felice, come quando gli raccontavo l’infanzia tra Ponza e Napoli e sulle navi per i porti