dal libro L’isola di Mariano di Antonio De Luca, La valle del tempo editore
Il mito è il passato, il presente e il futuro. Il mito è il tutto. Il mito è gli accadimenti di sempre, dove il divino e l’umano si intrecciano nella storia dell’uomo e ne determinano il destino.
Il teatro greco antico è la rappresentazione perfetta della vita dell’uomo e del suo destino.
Esso è dramma e amore, maledizione e dissoluzione, la vergogna e l’estrema solitudine.
Il teatro che meglio esprime la fallibilità umana e la corrosione di sé stessi, il coraggio e
l’impotenza dell’uomo, il destino contro cui spesso non si può lottare, ma allo stesso tempo esiste il bisogno di sperare per non morire.
Maria Picicco, la madre dei perseguitati politici durante l’era fascista a Ponza, colei che li protegge, li nascondeva, gli dava protezione, colei che seguiva la sola legge dell’umanità, la legge primordiale, la sento e la vedo come Antigone, l’opera stessa, la tragedia di Sofocle del 400 a. C. circa.
Antigone è l’eroina che lotta contro la legge ingiusta degli uomini in favore della legge degli dei, la legge dell’umanità che è presente nell’uomo fin dalla sua nascita.
Alla morte di Antigone condannata dalla legge degli uomini, come predetto dall’indovino cieco Tiresia, la città di Tebe sarà distrutta dagli eventi incontrollabili alla mente umana, al cuore degli uomini.
Una società idiota e cieca, come quella che in cui viviamo, votata alla sua sola riproduzione ripetitiva, al funzionamento del dominio e dell’arricchimento sprezzante. Ponza come Tebe, la sua società andrà inesorabilmente all’annientamento? Così Maria Picicco grida dalla sua memoria: la fallibilità di isolani e isolati è sempre presente, e l’abbandono della condivisione degli dei, e dei sentimenti e delle virtù della saggezza, a favore del dio del potere e del denaro, un dio stratega di dissoluzione e di comunità, di guerra tra gli uomini senza virtù, portatore di dolori e di fine.
Antonio De Luca