Naufrago di una civiltà, i versi di De Luca tra Ponza e Tangeri

Naufrago di una civiltà

Nella natura selvaggia

ogni cosa è una storia libera

con tutte le variabili

l’ordine non è dell’uomo

Come Achab chiedo al capodoglio

quali misteri conosce

e di svelare cosa vede nell’abisso

il bisogno di senso

le ombre di un passato

Tangeri è un luogo

a cui non do definizioni

come le strade di Atene

come Lisbona o Algeri

Istanbul o Marsiglia:

corpi di pensiero e di lettere

che parlano agli uomini

per ritrovare se stessi

nell’inconsistenza della ragione

Il Sole e il vento di Tangeri

sono il sole e il vento dell’infanzia a Ponza

degli anni a Napoli

le estati sulle navi

pesano sul mio corpo

così la bellezza della sua gente

la fierezza la dignità

incantato la guardo in faccia

questa marea di anime

tra cortili di arancia e menta ovunque

Il mare che sbatte alla riva

è la nostalgia di un tempo

dove gli dei erano presenti

ed Eros fece la luce

la geografia è il mio corpo

ne delinea le vene e il nervo

le ossa e il movimento

non ha aldilà:

strade e paesaggi il vicinato

la frugale povertà

il senso epicureista

navi e banchine timonieri e capitani

tutto è materia idea e parola

ragione e amore movimento e indecifrabilità

speranza per capire

a Tangeri cerco

di dare una ragione alla ragione

ma essa sempre sfugge

non è necessario capire tutto

è il sogno che ci protegge

la primordiale innocenza

Avrei voluto vivere a Parigi

sotto un basso tetto di legno

o chissà dove

o vivere in una cabina di un mercantile

e passare la vita sui porti

tra il catrame di navi arrugginite

tra i mendicanti del mare

o passare tra isole degli oceani

e avere figli da crescere:

la casa ho in tutto questo

in questo silenzio

primitivo remoto lontano

un silenzio che è pensiero

il silenzio del mondo

solo il silenzio esiste*

cresciuto tra le foto dei morti di famiglia

a cui diedi presenza e coscienza

discorso e speranza

lacrime e preghiere

ne feci i miei eroi

eroi dell’animo umano

nella casa teatro

storie di uomini di mare

con cui scoprii rotte aspre

e tormenti della rivolta

senza negare mai la libertà

e l’assoluto

e cadendo su queste rotte

le cicatrici sul corpo

porto da bambino:

Questi versi

non hanno un destinatario

non hanno una patria

né ragioni da dare

stanno in un corpo sopra una terra in prestito

vivono e mi danno da vivere

quello che dico

sono cose antiche

sacre

miti di un tempo

cose mie

amori segreti

l’amore che non ho dato:

solo la volontà di essere

nell’esattezza di un momento

Cerco una donna che potrei amare alla follia

fuori dall’orrore dell’oggi

dalla barbarie moderna:

così mi ci butto dentro

e questa volta muoio nel suo grembo scuro

non voglio il tempo del parto

non ci sarà luce che inganna

voglio amare per sempre

vivere senza sapere

sulla terra il tempo passa presto

è fugace e illusorio

anche questo è assurdo

Tangeri è

io sono

volontà di vita

*da José Saramago

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