Riceviamo e con piacere pubblichiamo la terza di dieci storie scritte dal poeta mediterraneo Antonio De Luca, di Ponza, raccolte ne “I quaderni di Mogador”.
Sono storie scritte due anni fa come diario di viaggio.
I quaderni di Mogador
Oggi mi sono svegliato presto. Sono andato al porto. Le barche stanno ancora a pescare. Ma è già tutto un viavai di uomini indaffarati. Questo porto sta nel sangue di questi uomini.
Uomini mare barche pesci banchine mestieri. È la vita tutta di questa gente. Gli uomini appartengono alla terra. Non la terra agli uomini. Come qualche Dio impostore vuol farci credere. Quel Dio complice di un mondo di schiavi. Che ha trasformato il significato di Dio in un Dio denaro. Era inevitabile. Chi non indicava la virtù ma la fede non aveva altro sbocco.
L’odore del pesce qui è persistente. Ma oggi c’è bassa marea e si sente il profumo delle alghe. Uscendo dal Desdemona ho capito che il mare era calmo. Gli uomini andavano a raccogliere i ricci con la bassa marea.
Ieri mi ha chiamato Kamal da Marrakech. Dice che si è liberata una stanza nel suo Riad. Domani allora ritorno a Marrakech. Devo incontrare Mehdi. Un letterato con cui traduco le mie poesie in arabo. E anche con cui posso mangiare spaghetti.
Dopo tanto cibo straniero ho assoluto bisogno di pasta. Mehdi è vissuto in Italia e quindi a casa sua non manca mai la pasta. Starò a Marrakech un po’ di giorni. Devo seguire la traduzione di un mio testo. E vivere la città secondo le abitudini che ho consolidato negli anni.
Vivere nella Medina. Ubriacarmi dell’edonistico Marocco Berbero. Tra le piazze Jamaa el-Fna e la Place des epices. Pranzo e cena tra le terrazze del Nomad e Les jardin des epices. Pomeriggio a le Jardin secret e il caffè letterario Dar Cherifa. Luoghi di silenzio profumi e bisbiglio dove poter leggere qualcosa. Riflettere e scrivere. Estasiarsi e oziare. A volte volgendo le spalle al mondo.
Incontro la memoria. Sono solito al mattino sedermi al Cafè de France per un tè alla menta. Naturalmente prima di pranzo. Quando il sole caldo piano piano anima. Sempre mi sorprende assistere allo spettacolo della piazza Jamaa el-Fna.
Musicisti, carrettieri, incantatori di serpenti, scimmie, dentisti improvvisati, venditori di ogni cosa, famiglie al passeggio, storpi, poveri e finti poveri. Attori ambulanti. Tutta l’Africa è qui. Non ci si stanca mai della vita che avviene in questa piazza.
La musica tribale incessante. Odori di ogni cosa. Il mondo porta in scena una sua rappresentazione dell’oltre. Giustamente patrimonio dell’umanità. Ma questa orde di turismo mondiale che si riversa su Marrakech, anche se rimane di nicchia. Inizia a provocare il suo danno sociale.
Sempre più persone si dedicano all’elemosina come fosse un mestiere. Io stesso spesso mi faccio prendere dall’elemosinare una madre con bambino. Mehdi ha detto che le donne spesso si fanno prestare i bambini da altre donne. Nonostante la grande rete di accoglienza che il Re ha organizzato per i più sfortunati. Ma tutto questo pensare prevede molto ragionare. E profondità di analisi sociali.
Nel dubbio quando posso io aiuto tutti. D’altronde come ebbe a dire Walter Benjamin: È per merito di questi disperati che ci è data una speranza.
Oggi sono arrivato a Marrakech intorno alle 11. Dopo aver vagato a lungo tra la Medina. Tra gli odori di ogni genere di cosa. Di tutto. Cuoio, stoffe, ottone, rame porcellana ferro vetro spezie zagare eucalyptus cibi cotti. Mangio un panino per strada. Raggiungo Mehdi.
Nel tardi pomeriggio Medhi mi accompagna ad un hammam. Ma niente di eccezionale. Molto approssimato. Ma va comunque bene. Ne avevo bisogno. Domani con Mehdi mi reco alle terrazze del caffè letterario. Qui in assoluto silenzio traduciamo.
Alcuni anni fa conobbi Lorence al sole della terrazza di questo caffè letterario. Avvengono qui anche presentazioni di testi in italiano. Lorence volle vedere la mia borsa. Ed era incuriosita dalla collana berbera che indossavo. A sera mi portò a cena. Conosceva molto bene Marrakech.
Lorence una ragazza parigina da uno spirito molto avventuriero. Di mediocre cultura. Ma molto elegante e virtuosa. Non molto bella. Ma estremamente affascinante. La storia ebbe inizio. In pochi giorni fuggimmo a Lisbona. Ci facevamo molti regali. Lorence voleva una vita serena e mettere su famiglia. Ma io non ero pronto ad un cambiamento di vita così radicale e repentino. Non mi ritenevo adeguato alle sue attese. Sicuramente avrei disatteso il suo sogno. Col senno di poi devo dire che non ero innamorato. Ed è la cosa più giusta.
Ero innamorato della storia. Questo non era la prima volta che mi accadeva. Innamorarmi della storia più della donna. Anche gli amici me lo ricordavano. La storia naufragò dopo più di un anno. Lisbona ci accolse magnificamente. Vivemmo una storia profonda. Come un film diceva lei.
Prendemmo un appartamento al Bairro Alto di Lisbona. Dalla finestra si vedeva la città bassa e il ponte 25 Aprile. Vivevamo molto per le spiagge di Cascais e la vecchia Lisbona. Entrambi dallo spirito decadente, vivemmo un’aria di inizio novecento. Un romanzo io le dicevo. Poi lei tornò a Parigi. Ci ritrovammo a Ponza qualche mese dopo. Di quella storia porto il ricordo indelebile di vivere l’oltre ogni immaginabile. Io rimasi a Lisbona. Non mi diedi scadenze di tempo. Raggiunsi Rui e Filipa e stetti con loro due settimane. Viaggiammo in Algarve e poi verso nord. Al confine con la Spagna.
Con me a Marrakech in questo periodo ho portato alcuni libri. Solo poesia al femminile del mondo arabo. È bene che vivo questi tempi con versi di una poesia che per questa terra del nord Africa ha visto la luce. Donne palestinesi e del Libano, Algeria e Marocco. Negli ultimi anni ho conosciuto la poesia Magrebina.
L’ho approfondita e mi ha entusiasmato. Il Marocco di questo secolo ha grandissimi poeti. Ed ha una fine tradizione letteraria. Con grandi università e Istituti di cultura. Le giovani donne del Marocco rappresentano il maggior numero di laureate nel mondo arabo. Purtroppo l’occidente ufficiale, quello che appare, trascura questa grande cultura.
Marrakech ha un sindaco donna. Ma l’interesse per la lingua araba è in costante aumento nei paesi affacciati sul Mediterraneo. Per questo, è per altrettanti motivi, tradurre i miei versi in arabo mi affascina anche se non è facile. Mi sento onorato che la lingua araba ospita i miei versi. Alcuni pensieri, riportarli nella lingua araba sono di lunga riflessione e spiegazione. Qui ruota tutto molto intorno al deserto. Alla solitudine e al suo cosmo. La condizioni della donna. La libertà e la sofferenza del popolo palestinese. Le difficoltà. Così il mio mare è anche deserto. Nostalgia solitudine gioia dolore libertà amore.
I miei Dei qui sopravvivono con difficoltà. Li unisce a questo mondo il grande spirito religioso del silenzio carovaniero. Del nomadismo pastorale. Beduini come marinai sulla sabbia. Destino. Sacro e logos. Quello che attraversa lo spazio e il tempo delle grandi distanze. Il mio essere senza tempo. Quindi mai fuori dal tempo. Si materializza per queste strade. Così l’ amore nella sua interezza. Una purezza primitiva enigmatica che rapisce. E rimango stupefatto estasiato. Meraviglia totale estrema purezza. Qui l’amore è totalizzante. E poi l’inquietudine vissuta della donna verso il suo voler essere persona libera. La sento nei loro versi, la vedo negli occhi nei corpi. In una dignità fuori dal tempo. Non lontana da questo mondo sta anche questa mia irrequietezza. Questa lotta. In questa nuova dimensione occidentale.
Un occidente defraudato dalla sua unità e della sua identità culturale da forze occulte. Sovversive e restauratrice di imperi. Come ebbe a dire Herbert Marcuse in L’uomo a una dimensione: Viviamo un progresso tecnico una civiltà industriale fondato su una democrazia confortevole e ragionata non sulla libertà. L’uomo non è più il protagonista della sua vita. Per me il Mediterraneo è vivere liberi. Ogni uomo per sua natura aspira alla libertà. L’uomo nacque essere libero. Sociale quanto bastava. La scimmia iniziò a camminare su due zampe. Iniziò a pensare e ad emettere suoni. A disegnare e camminare. Ha camminato tutto il tempo in un istante geologico. Ha conosciuto il sole e le stelle. Ha avuto bisogni di Dei e di poesia. Con la filosofia la Grecia diede ordine al pensiero. E disordine alla ragione.
Tra i poeti del Marocco oggi leggo spesso Mohammed Bennis. Di Fes. Una persona era oggi qui per essere domani in altrove, scrive Bennis. Bennis destabilizza la sintassi e disorienta l’immagine. Deforma l’ordine sedicente pulito. Capovolge il puro. Lo rimescola. Nella poesia visione e invisibile si coniugano. Così l’impuro in questa ebrezza diventa il segno del puro, del bello e dell’ignoto. In questo sento di dire che con il maestro Bennis ho in comune una radice. La parola e il suo cammino. La poesia è radice della logica. E questo per me è un grande onore. Mi inorgoglisce. Mi dà speranza.
Una sua frase troneggia la parete della mia casa-rifugio mediterranea. La poesia d’amore di Bennis disarma. Spoglia e veste d’immensità. Conosce il domani. Bennis è fondatore della Casa della poesia in Marocco. Ed è protagonista presso l’Unesco della organizzazione della giornata mondiale della poesia. Il 21 marzo.
Non solo Bennis. Anche altri poeti del mondo arabo seguo sempre con maggiore interesse. Ascoltare il mio verso in lingua araba, contiene già un’altra poesia. Pensare che qualcuno pensa in arabo sul mio verso mi illumina. Mi affascina. Figli dello stesso spirito d’unione. Mi da vita. Mi abbraccia il pensiero. Non da meno i sentimenti. Un’anima in comune attraversa il suono di una lingua e della parola. Il pensiero unisce più della materia. Il senso della vita.
Stanno con me i poeti. Il siriano Nizar Qabbani, il palestinese Mahmud Darwish, la poetessa marocchina Dalila Hiaoui, la palestinese Fadwa Tuquan. Ma tutta la poesia di queste terre seguo. Spesso mi trovo tra le mani poetesse inedite che mi sconquassano. Tutte le conservo e le porto con me. Con l’anima che viaggia. E il cuore che ama.
Nella città di Napoli a via Santa Chiara ha aperto la libreria Tamu. È una libreria indipendente con uno sguardo approfondito sul medio oriente e Africa del nord. La frequento. È mio intento presentare lì un libro di prossima uscita proprio a Napoli. Nella città di Fes in Marocco ho ascoltato poetesse riprese per strada, nei giardini e sulle fontane dalla televisione marocchina. L’islam è religione della Conoscenza, e prevede quindi la penna, la scrittura. Il verso. Non una conoscenza impermeabile, ma permeata di assimilazione.
Il Mediterraneo ancora dunque una casa comune dove convivono Erodoto, Omero, la Persia, le conoscenze cinese e indiane, mondo arabo. A Tangeri fuggirono quelli della beat generation. La mia casa. Spesso ho sentito dire da queste parti che la via della Conoscenza porta il bene. E di questa Conoscenza è piena la poesia araba. E questo insieme di culture che mi seduce.
La poesia deve tornare soggetto principale di Conoscenza. Non solo potere e denaro strumento di vita. A Lisbona su un muro lessi Mas poesia, più poesia. Ricordai il tempo della conoscenza greca. Contro il tempo che divora, chronos. La poesia partorisce kairos, il tempo della grazia. Prima che il tempo finisca.
Qui per queste terre vivo di bellezza e di enigma, del tempo e della natura. Come il poeta e filosofo di Fes Tahar Ben Jelloun così magnificamente fa vivere nei suoi versi Terra segnata dal tempo e dalla grazia, dove è bello fermarsi. Tardi scende la notte.
Marrakech ancora è sveglia. Io sono stanco. Penso a domani. Quanto durerà questo domani. Apro il libro della scrittrice marocchina Fatema Mernissi. Leggo qualche pagina. La sua scrittura subito mi si butta addosso. Si aprono nuovi scenari e nuovi orizzonti. La ricchezza naturale e umana del Maghreb. E una nuova vita partorisce altra vita.
La cosa principale è essere commossi, amare e sperare, tremare, vivere. Gridava August Rodin a Parigi. Lascio la stanchezza al domani. A Marrakech il viaggio è il verbo. È smarrimento è perdersi.
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