Le stanze per l’inverno
il Principio
la terra primitiva
è tra queste pareti
una casa sopra le onde
di una spiaggia
una Medina
dentro le rive di un’isola
Mia madre
arrivava dal mare
un giorno di primavera
c’era il sole
e le fresie sul comò
profumava la casa
raccontano
Con un Vapore
andammo in un’isola
tanta gente in casa
mi attendeva
l’isola
a cui mai
riuscii a dare un nome
la terra da raggiungere
l’iniziazione il possibile
l’ oltre da sognare
l’errare nella casualità
Vivevo quest’ isola
incontravo tanti mari
porti e città
deserti e carovane
luoghi immaginari
donc j’étais déjà nomade
come mi dissero
Le stanze a volta
il vento le abitava
avevano il necessario
l’essenziale per la quotidianità
nella culla di legno
ci aveva dormito anche lei
la mater dulcissima
il materasso era
di foglie di granoturco
mi allattava
sul balcone
da un seno salato
il vento da est
alzava la schiuma delle onde
il sale sospeso
tra la polvere di pomici
e la sabbia del libeccio
d’Africa
dalla spiaggia
saliva nelle stanze
la sostanza divina
che conserva le cose
Mia madre dal balcone
guardava i bastimenti
nella rada del porto
il ritorno di mio padre
da qui mi vide
correre
sulla bassa marea
a catturare granchi
a gareggiare con le onde
del levante d’estate
qui la vidi piangere
era morto il padre
conobbi così le lacrime altrui
mi si disseccarono dentro
parole e pensieri
si fecero pietre
a sentire il peso di capire
mio padre nel suo delirio
ora mi chiama
toglimi queste pietre intorno
che mi fanno male
piangere è salvarsi
un giorno mi accadde
Del nonno
ho le mani nodose
e il letto
dove lo accompagnai
per la notte più lunga
il tempo dell’origine
l’ultimo ritorno
l’era del Caos
quel letto
divenne il mio primo letto
destino volle
che su quel letto
leggessi
il mio primo libro
nella luce
dei pomeriggi d’inverno
conobbi
il vecchio e il mare
Vissi virgiliano
prima
che conoscessi Virgilio
tra campi di messi e vigne
il profumo dell’erba
e della terra arata
il volo degli uccelli
e il mare limpido
dove pescare
sembra
che già sentissi allora
il flauto
dei pastori greci
la cartella di cartone
delle scuole elementari
e l’odore che ne veniva
ogni volta che l’ aprivo
In questi giorni di Natale
per me ateo
di questo strano culto
in fuga perenne
da ogni celebrazione
laica o religiosa
son tornato
nella vecchia casa
fuori piove a vento
il vento sbatte sulle guance
il sale del mare
ho il corpo ricurvo
come una vela gonfia
per le vie del molo
il vento spegne i lampioni
alza il mare
scuote le porte
scuote anche me
e sembra rapirmi
poi
mi rimescola alle cose
agli uomini
e alla memoria che portano
solo e felice
sto
come barche alle banchine
che pensano alla loro chiglia
per non affondare
come un albero
attaccato alle sue radici
per non soccombere
Sento l’inverno con il corpo
di chi conosce l’amore
il tempo del cuore
il viaggio
che il pensiero smarrisce
nelle profondità dell’inverno
covano i pensieri primordiali
il pensiero invincibile
Lasciatemi….. lasciatemi
come una cosa… anonima
dimenticata 3
una nostalgia dell’origine
lasciatemi
come una cosa già esistita
dimenticate di me
ogni presenza
non ne posso più
di quest’oggi
di questa vita reale
lasciatemi
tra la vastità
di queste stanze
a vedere me stesso
a vivere
la mia urna greca
il pensiero ricorrente
il ritorno rivelatore
la vita
è quella che facciamo di essa
Ciò che vediamo
non è ciò che vediamo
ma ciò che siamo 2
La sabbia da sud
non entra più dalle finestre
la porto ora nelle scarpe
la sabbia dei deserti
e delle rive mediterranee
le stanze le ho riempite
di Muse e Maghe
di Lari e di poeti
affinché
siano eterne alla verità
ci ho messo
tappeti senza titoli
di Miti anonimi
per farne una tenda nomade
e passare le notti
a guardare il mondo
con l’immaginario e il piacere
le paure
della non-speranza
ci ho portato
gli sguardi
di chi ho incontrato
ho nascosto l’amore
la lotta per le passioni
qui conservo
le parole che scrivo
sui muri ho disegnato NO
Di quell’ origine
delle distanze
porto il silenzio
e la sua solitudine
Il silenzio è un’isola
è il deserto
io sono l’alto mare
la vastità
che il vento penetra
e fa perdere
L’ aria quieta
di questo inverno
odora di umido
brucio pinastri nel braciere
sento
le assenze che contano
invoco tormente purificatrici
essere soli non è vivere da soli
è solo la distanza
tra il pensiero e la sua origine
tra l’amore e noi stessi
Mi stringono gli spessi muri
le viscere e la gola
la pioggia che schizza sui vetri
mi arriva sul corpo
un maestro mi scrisse
Il nostro pellegrinaggio laico
è ogni ritorno alla casa
dove vivemmo l’infanzia
Irreale
non mi sento essere nato
distante
dissolto
dai vincoli dei giorni
vivo estraniato
non penso a niente
ah la materia maledetta
l’estetica dell’oggi
mi uccide
la materia che fuggo
la poesia
solo può salvare
l’illusione generatrice
La CASA D’INVERNO
è la nave più antica
che mi porta
e che vive in me
come un poema
una catarsi mediterranea
l’immensa quinta 1
degli eroi e dei miti
l’umanità delle parole
l’armonia della casualità
il focolare domestico
l’ anfiteatro
delle antiche civiltà
una bacinella d’acqua
per lavarmi la domenica
fu la prima acqua
che navigai
i segreti
nascosti sul soffitto
furono l’ isola del tesoro
il ciclo delle stagioni
la disciplina del tempo
la distinzione dei venti
l’amore venuto dal mare
rimane
una enciclopedia alessandrina
È una regina
che ogni giorno
disfa la tela
la verità
della bellezza rivelatrice
Solo Itaca
l’immortale
è origine e fine
la vita finisce dove comincia
1 Il maestro Predrag Matvejevic sulle case della nostra infanzia
2 da Fernando Pessoa
3 da Giuseppe Ungaretti
Urna greca da John Keats
La vita finisce da dove comincia da Edipo Re di Sofocle
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